Come posso prendermi cura di me nei miei momenti di fatica?
Un’enorme sconosciuta e inaspettata montagna ci si è parata davanti e siamo tutti, come alpinisti, impegnati nell’impresa di superarla. Non abbiamo scelta. E’ una scalata impegnativa e conviene fare attenzione a dove mettiamo i piedi, prenderci cura della nostra attrezzatura, delle nostre energie e dei nostri compagni di cordata. Nessuno scala la montagna da solo. Abbiamo bisogno degli altri e gli altri hanno bisogno di noi. Continuiamo la salita, nell’attesa di raggiungere il picco o forse il plateau, con già molti giorni di fatica nel corpo e nella mente e con la consapevolezza che ancora non siamo arrivati. E che anche la discesa sarà lunga e ci chiederà forza, attenzione e pazienza. Come la salita. E c’interroghiamo con inquietudine su quale paesaggio troveremo al di là.
In questa scalata, a volte la meta sembra irraggiungibile e si perde il senso e la speranza. Può succedere. Oggi a me, domani a te.
In questi giorni in casa, una delle cose che posso fare è mettermi in ascolto della vita in me e intorno a me e prendermene cura.
Noto come in questa situazione che stiamo vivendo è facile avere alti e bassi di umore e di energia. E allora cerco di registrare cosa mi accade in quei giorni in cui l’umore è giù. Come fosse una di quelle corde fisse a cui tenersi quando in montagna ci sono passaggi difficili ed esposti, la Comunicazione nonviolenta mi aiuta.
Intanto, quando mi succede di sentirmi uno straccio, ci metto un po’ a rendermene conto. Mi sembra piuttosto che sia tutto intorno a me che non funziona e vivo ogni azione degli altri come fastidiosa e in qualche modo contro di me. Poi a me di solito succede che, pur avendo una carica di energia pari a zero, comincio a fare mille cose e non riesco a finirne nessuna. E lo scontento aumenta. E si aggiungono una quantità di piccole cose che vanno storte, come la frittata che di solito mi viene bene e invece oggi si è tutta attaccata ed è venuta uno schifo. E pure il pavimento che è di nuovo tutto sporco quando l’ho pulito solo l’altro giorno! E’ veramente tutto un disastro. Mi sento molle come un invertebrato, altro che un’alpinista! Sento un vortice di pensieri foschi che fanno un grande frastuono nella testa e mi dico che la giornata sarà faticosissima.
Finalmente, a questo punto, qualche campanello d’allarme inizia a suonare e mi chiede: come stai? Cosa sta succedendo dentro di te? Forse sei un po’ giù?
Si, lo confesso, sono giù.
Riconoscere, mettersi in ascolto, accogliere, fare spazio per sentire la vita che scorre nel mio malessere
Un primo passo fatto: riconoscere. Ci ho messo quasi tutto il giorno ma ce l’ho fatta! Ora mi aspetta il secondo passo: mettermi in ascolto, accettare e accogliere come sto. Fare spazio.
All’inizio non è facile. Sento tanta resistenza, opposizione, pensieri, giudizi. E’ come se una sconosciuta suonasse alla porta e con modi un po’ bruschi pretendesse di entrare in casa mia. E se provo a dirle che non ho voglia di farla entrare, comunque non se ne va e si attacca al capannello fin quando non riapro e accetto di farla entrare. Entra, si prende una sedia, si siede a tavola con me e comincia a guardare nel mio piatto cosa sto mangiando. Insomma, una grande scocciatrice maleducata! E anche molto affamata! Quando mi prende la forchetta e il coltello, capisco che non mi resta che mettere un piatto in più e passare la serata insieme. Stare insieme. Guardarci. Annusarci. Raccontarci. Ascoltarci.
Cosa mi sta dicendo questa sconosciuta? Che regalo prezioso mi sta portando? Sembrava arrivata a mani vuote e ora mi accorgo che mi porta qualcosa.
Permettersi di rallentare e di so-stare
Ho bisogno di un po’ di tempo per vedere di che regalo si tratta.
Ci sediamo un po’ più vicine. La ascolto mentre mi parla di cosa la fa arrabbiare, di cosa le fa paura, di cosa la fa sentire bloccata e impotente. E di parole in parola, di silenzio in silenzio e di respiro in respiro, pian piano, la riconosco e la accolgo come una parte di me. Mi chiede ascolto, cura, empatia.
E in questo spazio di scoperta, sotto le emozioni, iniziano ad emergere desideri, energia di vita, bisogni che sono vivi in me anche se oggi non trovano la strada per essere nutriti. Forse bisogno di libertà. Forse di autonomia. O forse di amore, di cura. Forse di senso e obiettivi per il futuro. E pian piano che riesco a riconoscerli, mi permetto di assaporarli e sentirli scorrere in me, in tutta la loro bellezza e umanità.
E solo quando mi sento profondamente in contatto e riesco ad accogliere i miei bisogni e le varie parti di me, mi chiedo se c’è qualche azione o altro che posso fare per aprire vie possibili e sbocchi a questa energia presente in me. E la creatività e la speranza si risvegliano e la vita riprende a scorrere. Per nuove strade. O a volte, nel riconoscere e nell’accettare che la situazione che sto vivendo è diversa da quella che vorrei e che il mio dolore e la mia insoddisfazione richiedono cura.
Un passo dopo l’altro, con pazienza, su un sentiero che non sempre è lineare. A volte è dolce, a volte più scosceso. A volte ci vuole tempo. A volte funziona e a volte no. A volte è da percorre in solitudine e altre volte in compagnia di qualcuno che cammina accanto a noi che può offrirci il suo ascolto e aiutarci a rallentare un po’. Per ritrovarci e ricominciare il nostro cammino.
Oggi a me, domani a te. E poi magari di nuovo a me…