Un bel cambio di prospettiva quando riesco a mettere a fuoco cosa stimola le mie reazioni e a ricercare la causa nei miei bisogni.
L’estate è cominciata anche quest’anno e la famiglia si ritrova per un periodo di vacanza tutti insieme.
Giorno 1: Il tavolo apparecchiato per 12, con la tovaglia bella e pulita. Dopo mesi in cui non ci siamo potuti vedere, ritrovarsi e mangiare insieme è una grande festa. Attorno a questa tavola, tante generazioni diverse in una linea del tempo che comincia con chi di anni ne ha 5 per arrivare a chi ne ha 80. Che felicità essere tutti insieme: figli, cugini, zie, nonni, genitori, sorelle e fratelli. Che fortuna poter passare due settimane insieme per condividere tempo, spazi, pranzi e cene. Belle le famiglie numerose!
Giorno 7: Il tavolo apparecchiato per 12, con la tovaglia che porta ormai tracce di sughi vari, marmellata e altre avventure. E’ ormai una settimana buona che condividiamo i pasti. Guardo il tavolo e mi sembra veramente piccolo. E infatti, quando ci sediamo, siamo schiacciati come sardine, in ordine sparso e con un volume più alto di quanto le mie orecchie desidererebbero. Non riesco a sentire nulla di quanto mi sta cercando di dire chi siede dall’altra parte del tavolo. Le mie orecchie sentono solo più frasi come: Io non voglio stare seduto sulla panca, ci sto sempre io! Io sto stretta e lei invece si prende più spazio. Lui ha avuto mezza polpetta in più. Devono sparecchiare loro perché non tocca a noi. E altre cose analoghe…
(E’ più che probabile che altre cose vengano dette ma io riesco evidentemente solo più ad afferrare queste!)
Che fatica! Che caos è questa tavolata in cui nessuno ascolta nessuno e ognuno si avventa sul cibo come se non mangiassimo da settimane!
E improvvisamente la mia testa è piena di pensieri che mi dicono che: ai miei tempi era tutta un’altra storia e non ci permettevamo cose del genere! Questi figli di oggi sono proprio irrispettosi. Ecco, ho trovato: è colpa loro il fatto che mi vengono così i nervi mentre vorrei solo mangiare tranquilla!
Ma poi subito mi arrivano altri pensieri che mi dicono: certo che li stiamo tirando su proprio male! Noi genitori di oggi siamo così presi da mille cose che non abbiamo il tempo di insegnare la buona educazione ai nostri figli! Ecco, avevo sbagliato prima: è colpa nostra, non loro!
Anzi è colpa un po’ di tutti! Che disastro!
Belle le famiglie numerose però…..
Anche in quest’estate di pandemia va così. Direi che tutto avviene in modo ancora più chiaro perché ognuno dei 12 commensali ha sulle spalle mesi faticosi che acuiscono le sensibilità.
Dopo anni di esperienza di estati in famiglia e con il desiderio di averne altre e godermele, mi chiedo con curiosità e stupore: come mai davanti alla stessa immagine di un tavolo apparecchiato per 12, posso avere pensieri e sentimenti così diversi? E come uscire da quel meccanismo abituale che ci fa attribuire continuamente colpe agli altri o a noi stessi, senza offrirci in realtà vie d’uscita?
Trovo un appiglio nella differenza che la Comunicazione nonviolenta ci propone tra stimolo e causa.
Lo STIMOLO è qualcosa che possiamo osservare o che qualcuno dice o fa e che ci innesca una reazione emotiva, ci scatena pensieri sugli altri o su noi stessi. E’ qualcosa che ci stimola una reazione ma non ne è la CAUSA, che è invece da ricercare nei nostri bisogni, che in relazione ad un determinato stimolo sono insoddisfatti o invece soddisfatti.
Insomma, lo stimolo a cui spesso attribuiamo la responsabilità della nostra reazione non ne è la causa, ma appunto solo lo stimolo!
Lo stimolo è come una luce che ci segnala che c’è qualche nostro bisogno che in quel momento non è soddisfatto.
Ritorno con questa chiave in mano davanti allo stesso tavolo apparecchiato per 12. Torno al primo giorno e riconosco il mio enorme bisogno di condivisione e vicinanza dopo mesi in cui non ci siamo visti. E vedere questi 12 piatti vicini vicini mi riempie proprio di gioia. E poi vedo come, pian piano che passano i giorni, accanto a questi bisogni ne emergono altri. Desiderio di calma e ascolto. Sento come le risate, le interruzioni, i mille movimenti che figli e nipoti fanno mentre stiamo mangiando mi stimolano reazioni di fatica e nervosismo e come il mio corpo mi dia segnali sempre più grandi. Che fatica non riuscire mai a concludere una conversazione senza interruzioni e richieste di abbassare il volume e mangiare un po’ più tranquillamente!
E mentre mi sento dire “Insomma, un po’ di rispetto!” ho davanti a me tutto il mio desiderio di una tavola dove ci sia ascolto e considerazione reciproca. E mi sembra di vedere lo stesso desiderio anche nella persona dall’altra parte della tavola che sta cercando di dirmi qualcosa e tessere una conversazione.
Distinguere lo stimolo dalla causa, mi aiuta a comprendere cosa mi succede e a prendermi la responsabilità dei miei bisogni, in modo da poter agire e fare proposte, piuttosto che re-agire e limitarmi ad attribuire colpe a destra e a manca
Ed è così che anche quest’anno arrivo al Giorno 8 con la proposta di variare un po’ l’organizzazione per non mangiare sempre tutti insieme in modo da “alleggerire” un po’ la tavola. Ho la speranza che in questo modo possa essere più facile guardarci e ascoltarci, prendendoci cura delle reciproche esigenze.
Devo dire che per fortuna, dopo numerose convivenze familiari, riusciamo con le mie sorelle a farci qualche risata e ad arrivare in modo più sereno alla proposta del Giorno 8. Con il tempo abbiamo abbastanza imparato che anche se ci diciamo che non ce la facciamo più a gioire della grande tavolata, l’affetto tra noi è sempre lo stesso, al 1°come al 10°giorno, e che anzi proprio per proteggere questo affetto, è importante dircelo ed esprimere onestamente i nostri limiti.
Ovviamente non è finita qui e la questione non è affatto chiusa perché rapidamente ci rendiamo conto che tutti quelli della famiglia che hanno meno di 20 anni vorrebbero mangiare sempre tutti insieme e non sono affatto d’accordo sulla proposta di fare tavole meno numerose, idea invece accolta con favore da tutti noi adulti. Sembra proprio che il loro desiderio di socialità e di passare più tempo possibile insieme rimanga costante durante tutte le vacanze e che il loro bisogno di calma sia meno presente che in noi adulti. Insomma, è ormai chiaro che i bisogni seduti intorno a questo tavolo sono molti e diversi tra loro. Quanta abbondanza! A questa sorprendente scoperta segue abbastanza rapidamente il desiderio che ci sia interdipendenza e cioè che ognuno possa riconoscere e rispettare i propri bisogni insieme quelli degli altri.
Ed ecco che a questo punto nascono domande: come trovare un modo di stare insieme in cui i diversi bisogni possano essere tenuti in considerazione? E’ possibile? e se si, come? Quali accordi possiamo fare tra noi per creare la situazione in cui ognuno e tutti insieme si possa stare bene?
Mentirei se scrivessi di avere le risposta. E tantomeno è mia intenzione “risolvere” la questione con un breve scritto da blog. So che pormi queste domande è un primo passo. So poi che posso metterle sul tavolo e cercare risposte insieme agli altri che sono seduti con me. So che è una ricerca, un desiderio. E’ una voglia di condividere queste domande.
Per fortuna ci sono e ci saranno tante occasioni, tante tavolate, per provare tutti insieme a trovare risposte, che di volta in volta saranno diverse e nasceranno dal mettere insieme le nostre capacità di ascoltare noi stessi e nello stesso tempo gli altri. Nella mia esperienza fin qui, la capacità di riconoscere e distinguere lo stimolo dalla causa delle nostre reazioni è qualcosa che può essere utile in questa ricerca di modi per stare bene insieme.